
BENEDETTO MACCA – MODICA – 13 FEBBRAIO > 8 MARZO 2015
Dal 13 Febbraio al 08 Marzo 2015 sarà in corso la mostra di Benedetto Macca intitolata; Modica, i carrubi di Favarotta e Favarottella.
Nelle campagne di Modica, ad est dell’abitato, sull’altopiano dopo Cava d’Ispica e verso il territorio di Rosolini, è facile trovare Carrubi di dimensioni gigantesche. Sono Alberi Monumentali millenari, alcuni di quasi 2000 anni, già in vita,pertanto, quando moriva l’Imperatore Augusto. Li ho scoperti, dopo lunga ricerca, in un pomeriggio di Agosto del 2014, nella luce accecante dell’estate di Sicilia, nascosti dietro i muretti a secco che proteggono i campi di frumento delle masserie. Davanti a loro mi sono sentito piccolo e
inadeguato, quasi fossi alla presenza di divinità antiche.
Le fotografie esposte saranno stampe ai pigmenti 90X60 realizzate dall’autore.
L’inaugurazione è prevista per venerdì 13 Febbraio alle ore 18.00, seguirà alle 19.30 il primo di tre concerti della serie Dialogues Trialogues.
La saggezza profonda della natura
Una nota sui carrubi di Benedetto Macca
Un qualche oscuro gioco di libere associazioni mi ha riportato alla memoria, guardando le ultime immagini realizzate da Benedetto Macca, le giovanili letture che rievocavano i garibaldini e le loro audaci imprese. Nel corso di quei convulsi mesi di un secolo e mezzo fa, muovendosi lungo le pianure e le colline della Sicilia, le zone montagnose della Sila e poi nelle lande della Campania, quei giovani si trovarono di fronte non solo a una realtà umana che gli era per molti versi estranea, ma anche ad una natura tanto lussureggiante da apparire espressione di un mondo completamente sconosciuto a chi veniva dalle terre del nord, ampiamente colonizzate dal lavoro plurisecolare di generazioni di contadini abbarbicati a ogni più piccola zolla di terra. Nella memorialistica di quei giorni innumerevoli sono le descrizioni di grandi boschi quasi impenetrabili, di alberi monumentali, che si imponevano all’immaginazione per la dimensione quasi esotica delle forme, e di Garibaldi che, da degno erede della tradizione popolare, si assopiva sulla nuda terra proprio sotto le fronde di uno di questi alberi. Con il suo nuovo progetto Benedetto Macca ci stimola a ragionare intorno all’ineffabile fascino della natura e alla imprevedibili forme della sua mutazione nel tempo. Il soggetto scelto per questa serie di immagini è davvero dei più affascinanti. Benedetto torna nella sua Sicilia e ci fa conoscere, nel senso più profondo della parola, una serie alberi, veri e propri monumenti della cultura di questo nostro paese. Alcuni di essi affondano le loro radici in una storia millenaria che ci riporta fino al tempo lontano dei conflitti fra il papato e gli imperatori del Sacro Romano Impero all’alba dell’anno mille. Gli studiosi ipotizzano che almeno uno di essi abbia aperto lo sue prime gemme quando la penisola godeva della pace di Augusto. Si tratta di carrubi e ulivi monumentali della zona di Favorotta di Modica, della contrada Cammaratini sempre a Modica e di Ioria, contrada Favarottella, sul confine fra le provincie di Ragusa e Siracusa.Gli alberi scelti come soggetti di queste immagini hanno tronchi di grandi, anzi di grandissime dimensioni, che raggiungono in qualche caso una circonferenza di quasi venti metri. Ho parlato di tronchi, ma avrei forse dovuto dire corpi, vista la loro inesauribile vitalità, che mentre mostra tutti i segni del tempo evidenzia la forza incontenibile della natura.Le immagini di Benedetto, come sempre in bianco e nero, sono fondate su un mirabile lavoro che si basa, grazie all’uso sapiente e via via sempre più raffinato delle tecniche di ripresa e a quella artigianale capacità di elaborazione delle immagini che è la cifra del vero artista, sull’intera gamma dei grigi. Un paziente e raffinato lavoro gli permette di offrirci una rappresentazione della natura che appare con il passare degli anni sempre più trascendere la dimensione della tradizionale fotografia. Quella che ne emerge è una esperienza artistica del tutto unica che, mentre conserva la dimensione profonda della realtà, si iscrive in un contesto estetico davvero esemplare. Guardando queste ultime sue immagini si è portati a realizzare un viaggio con la mente che ci porta a pensare ad una elaborazione del segno degna delle più alte incisioni di un Doré o anche ad un gioco estetico che si avvicina a quelle forme di raffigurazione a metà strada fra la pittura e l’arte della calligrafia come si sono espresse nella più raffinata arte dell’Estremo Oriente. Difficile non rimanere incantati davanti alla rappresentazione di quell’intrico di radici, a quell’incredibile labirinto di elementi presentano una qualche somiglianza con le canne di un immenso organo: possenti strutture che nonostante il flusso del tempo continuano a lanciare verso il cielo una serie infinita di rami carichi di foglie e di frutti. Si tratta di una rutilante vitalità che l’uomo non è riuscito a vincere nonostante la sua, per molti versi, improvvida logica che ha trasformato la natura in una pura materia bruta sottomessa al comando del profitto, alle forme del più spietato sfruttamento, rendendolo così cieco di fonte alla meraviglia del creato che si disvela invece a noi grazie all’opera di Macca. Vi è del vero nelle parole di chi ci ricorda che nel rapportarsi alla natura, stabilendo con essa una relazione di empatia, si può entrare in contatto con un senso della vita che l’estrema reificazione del mondo pare averci fatto dimenticare. Nelle immagini di Macca, proprio per l’ineffabile capacità di superamento del semplice rispecchiamento della realtà, rifulge il segno dell’arcano linguaggio della vita, l’invito a ritornare a interagire con la natura, a imparare da essa il senso profondo dell’esperienza dell’esistere, del suo essere insieme un attimo fuggente ma anche un tesoro che va salvato e preservato per coloro che percorreranno dopo di noi e forse, sarebbe auspicabile, più saggiamente di noi le strade di questo mondo.
Giulio Toffoli 29 settembre 2014